Ex Ilva, i due volti della acciaieria. Novi in crisi, Genova pronta a vendere le aree
“Siamo in un confronto serrato con i sindacati, i sindaci e i governatori. Li ho ascoltati e abbiamo condiviso alcuni strumenti perché c’è bisogno di riequilibrare la governance. Lo Stato ci ha messo molto denaro, ci metterà altri due miliardi, ma noi abbiamo il dovere di sapere come queste risorse saranno spese effettivamente per recuperare il declino”. Ex Ilva, non poteva essere più chiaro il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, con la dichiarazione che ha rilasciato, nei giorni scorsi, davanti ai microfoni di SkyTg24.
“Oggi – ha continuato – la produzione dell’ex Ilva, Acciaierie d’Italia, non è in condizione di poter reggere uno stabilimento e una produzione come quella che l’Italia merita”. Tra le ipotesi, quella che maggiormente circola, è quella del ritorno degli impianti sotto l’egida dello Stato. A promuoverla è la Uil di Taranto con in prima fila il coordinatore Piero Pallini. A Novi, intanto, la produzione dello stabilimento è ai minimi storici. Poco lavoro e la relativa cassa integrazione, prorogata sino al marzo 2023, stanno causando danni all’indotto.
Tra i tanti temi al centro del dibattito emerge emerge pure quello sulla sicurezza, con sindacati e operai che chiedono ormai da lungo tempo interventi significativi che però non arrivano. E intanto vi è una prima svolta.“Tra qualche giorno il Comune di Genova renderà pubbliche e porterà al Governo una serie di offerte di imprenditori disponibili a investire nelle aree siderurgiche ex Ilva di Genova”. Lo ha annunciato il sindaco di Genova Marco Bucci all’Ansa. “Sono imprenditori della logistica, dei servizi e della manifattura hi-tech”. Gli investitori, secondo i primi rumors, porterebbero 400 posti di lavoro “in una parte delle aree siderurgiche oggi non utilizzate.”
(red.)