Claudio Chiappucci intervistato da Simone Sacco

 

Parla quasi sottovoce fissandoti con quegli occhi magnetici e con quel viso che non ha perso la durezza di sapersi sciogliere, quando meno
te lo aspetti, in un bel sorriso accattivante. Ha i capelli tuttora corvini lisciati all’indietro e il fare orgoglioso di chi nella vita ha messo a tacere ogni delusione. Dialoga schiettamente, ma non da persona superba, perché lui è Claudio Chiappucci e, per chi mastica ciclismo fin dagli Anni Ottanta, rappresenta anche nel 2022 il coraggio misto alla spudoratezza di non saper fare calcoli. Soprattutto quando c’era da vedersela con avversari tosti come LeMond, Bugno, Indurain e Rominger, giusto per citare i più rognosi. Ripete ossessivamente concetti cardine del suo modo di pedalare come ‘umanità’, ‘comunicazione’ e ‘contatto’ perché quando sei lassù, a scalare da solo le Alpi o i Pirenei, forse hai davvero bisogno di dire a tutti che stai soffrendo per l’epica dello sport.

 

‘Clodiò’, come lo chiamano i suoi amici francesi, è arrivato a Novi per un evento di beneficenza e nel pomeriggio ha pure trovato una mezz’ora libera per passeggiare tra le decine e decine di biciclette e altri ricordi ciclistici conservati al Museo dei Campionissimi. Poi, lasciatosi alle spalle bambini e visitatori, si siede a mezzo metro da me e mi chiede di accendere il registratore. El Diablo è pronto a confessarsi e la faccenda, paradossalmente, fa già sorridere così. Ma è solo un attimo. Dopo si ritorna seri e a quella voce pacata, fiera, inevitabilmente ‘chiappucciana’ che ne ha di cose da dire, accidenti se ne ha.

 

Domani nel nostro numero di Panorama di Novi in edicola l’intervista completa a Claudio Chiappucci, a cura di Simone Sacco.